Intervista ai Barad Guldur

Prima di iniziare a leggere questa bellissima intervista, scopriamo meglio chi sono questa band.
Nati ufficialmente nel 2015, con base in Val Bremabana, nella bergamasca, fanno del folk metal la loro casa, senza scimmiottare le band internazionali ma rielaborando il loro essere per trasportarlo in musica, e vi assicuro che il risultato è eccezionale.
Hanno, ad oggi, all’attivo due album, Frammenti di Oscurità e Vishapner, entrambi recensiti dal sottoscritto, che hanno riscosso un ottimo riscontro tra il pubblico e la critica.
La band ha attualmente nove componenti:
Ivan Nieddu alla voce
Eliana Gheza alla cornamusa e al whistle
Marco Brambilla al basso
Andy Soresina alla chitarra EBow
Tosca Ripamonti alla chitarra
Marco E. Suozzi alla ghironda
Caterina Castiglioni al tangelharp
Anita Milani alla bifara
Melissa Gelosa alla batteria.

Ci tengo a ringraziare Ivan per la simpatia, la disponibilità e l’interesse che ha da subito mostrato nei miei confronti e tutta la band, per l’ottimo lavoro fatto su Vishapner che, ad oggi, è tra i miei ascolti giornalieri e un grazie speciale anche a chi me li ha fatti scoprire alcuni anni fa.
Buona lettura!

Ciao ragazzi!
Intanto vi ringrazio per la disponibilità e la gentilezza con la quale avete avuto fiducia in questo mio micro mondo chiamato Una Pinta Di Metal e ovviamente per il materiale che mi avete fornito; in questi tempi in cui lo sterco ci viene lanciato addosso a piene mani, siete stati un raggio di sole durante una tempesta, quindi…grazie. Ma ora basta con questa leccata delle terga e veniamo al sodo!
Come è nata la band?

Ciao Marco! Prima di tutto desideriamo ringraziarti per questa intervista. È per noi un immenso piacere poter rispondere alle tue domande.
Ciancio alle bande e partiamo col dire che ufficialmente i Barad Guldur nascono nel 2015 da un’idea di Ivan ed Eliana. Un bel giorno, dopo tanti anni (di Ivan) di sogni infranti, band e progetti crollati su loro stessi o sfumati come nebbia ai primi raggi del sole, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: <> in perfetto accento camuno (di Eliana).
Dopo le prime cover (registrate con strumenti in midi per sopperire la mancanza di strumentisti reali) di cui abbiamo registrato effettivamente cornamusa e voce, sono cominciate a fioccare le prime collaborazioni con musicisti amici, finché non siamo arrivati a una prima formazione stabile per poter dare vita a qualcosa di nostro, qualcosa che stavamo attendendo da tempo di mettere in musica.
Nel 2019, finalmente, la pubblicazione del nostro primo album, Frammenti di Oscurità.

Quello che vi contraddistingue è la mole di riferimenti culturali dentro le vostre canzoni; suoni folk e leggende popolari che si perdono nel tempo, rievocate e rielaborate in chiave moderna. Come nasce una canzone dei Barad Guldur?
A livello tecnico, andiamo a cercare un brano che amiamo particolarmente, poi lo svuotiamo di tutto, lasciando solo la sua traccia, la sua impronta, la struttura, con le sue ripetizioni di giri, le alternanze e i passaggi.
Da lì iniziamo a costruire i motivi che andremo a inserire nei punti chiave del brano stesso: intro, outro, varianti, ritornelli, pre ritornelli o dove serve un crescendo o un inciso strumentale.
Ognuno lavora in parallelo, scrivendo e registrando la propria parte, su quello scheletro che inizia così ad avere le prime fattezze.
Pensiamo poi al testo, partendo dall’idea ben precisa o la tematica di ciò che vogliamo parlare (i temi affondano radici in argomenti a noi cari, dal folklore alla mitologia); gettiamo nel mucchio espressioni o parole a brainstorming, perché esse saranno i punti chiave del testo stesso, sul quale girerà tutto il resto. Nel frattempo lavoriamo sulle melodie di voce, usando parole e sillabe solo per cercare le melodie e non il significato del testo.
Mettendo assieme il tutto, piano piano, come in un puzzle, gli elementi iniziano a completarsi, portando a quello che è il brano finito in ogni suo aspetto. Quando ogni elemento è inserito al suo posto si può iniziare ad ascoltare la canzone nella sua interezza.

C’è un connubio molto stretto, secondo me, tra il misticismo e la musica, specialmente in quella che componete voi, si crea una chimica, una magia che, chi ascolta, la percepisce in modo palpabile. Come riuscite a creare questo effetto sensoriale?
Se dicessimo che non ne abbiamo la più pallida idea?
Ci fa un piacere immenso sapere che si crea questo legame empatico fra noi e l’ascoltatore. E non smetterò mai di ringraziare chiunque ci ascolti. Come ci disse un caro amico (Alexander Wyrd degli Arcana Opera), noi (inteso come ogni musicista, ogni artista) non creiamo nulla dal nulla, diamo soltanto forma a un qualcosa che già esiste nell’immensità del Cosmo. Fare musica per noi significa captare/cogliere certe frequenze e dargli corpo attraverso un’alchimia di suoni in modo tale che possano rievocare ciò che desideriamo trasmettere e far immaginare all’ascoltatore. Questa per noi è magia, misticismo, al di là delle tematiche a noi care.

Dal canto mio (Ivan), quando ero un ragazzino che ascoltava il suo “primo metal”, chiudevo gli occhi e mi proiettavo fra i musicisti, li immaginavo attorno a me e mi sentivo quasi parte di ciò che stavano suonando… Beh, se questa sensazione si ha ascoltando i Barad Guldur, allora credo che un sogno si sia avverato: far sentire l’ascoltatore lì con noi per condividere un viaggio assieme o una storia davanti al fuoco e far parte di noi. Un’unica realtà, grazie alla fantasia, che ci unisce tutti.
I Barad Guldur non sono solo nove musicanti.
I Barad Guldur sono chiunque si senta di esserlo.

L’ho scritto nella precedente recensione di “Frammenti di Oscurità”, per me siete un progetto culturale e non una band che fa dischi da consumare come fossero patatine, è un costante balzo tra culture di popoli più o meno lontani, riferimenti sottili, leggende che prendono vita, artwork che colgono l’essenza delle canzoni; tutte queste cose vanno ad arricchire il vostro prodotto discografico che, in questo contesto storico, è qualcosa di strabiliante. Cosa volete trasmettere e qual è il messaggio dietro i Barad Guldur?
Desideriamo trasmettere quel sapere e quelle emozioni che speriamo non vengano mai dimenticati: storie di paura celate nell’ombra delle valli, che i nonni ci raccontavano la sera tardi, davanti al camino, per mandarci di corsa a “fare la nanna”, leggende, miti perduti nel tempo e sepolti da sabbie e ghiacciai e memorie scolpite nella pietra. Desideriamo che la gente possa riscoprire il profumo del bosco, delle braci calde, il sapore delle caldarroste e tornare ad amare di più le cose semplici, le piccole cose che crescono, i gesti d’amore e gli affetti genuini, ma anche ciò che si cela nell’oscurità e oltre la paura.
Il nostro messaggio si nasconde nei dettagli, nei sorrisi e negli abbracci. Ma solo a fine intervista lo diremo apertamente (e non andate a sbirciare ora!).

Nei testi troviamo alcuni passaggi che fanno intuire una critica alla società, come in “Y Ddraig Goch” in cui riecheggia più volte la parola vergogna. Qual è la vostra visione del mondo?
Esattamente questa, quella più cruda che si evince dal testo di quella canzone. Troppi stanno sprecando la loro esistenza al soldo di chi non li considera, se non come numeri sostituibili. Ci stanno privando dell’anima, rendendoci schiavi in catene invisibili, servi che difendono strenuamente il proprio stesso carnefice.
Troppi stanno sacrificando la vita di innocenti per i propri scopi, spesso brame materiali.
Se bisogna cercare un colpevole, basta guardarsi allo specchio, no? Non è nostra intenzione stare a guardare senza farci sentire, specialmente per dare voce a chi voce non ha. Il silenzio è mera complicità o ignavia. Non sono vesti con cui desideriamo ammantarci.
E se, nel nostro piccolo, potremo portare un po’ di pensiero critico o emozioni, risvegliare coscienze, donare calore, allora nulla di ciò che avremo fatto sarà stato vano.

”Frammenti di Oscurità” è stato l’inizio, un’esplosione improvvisa, molte canzoni sono curiose e interessanti come in “Canso de Bouye”, “Poininons” e “La Gratacornia”, in cui avete arrangiato degli antichi testi; modus operandi ripreso anche nelle nuove “Nidhoggr” e nella canzone-preghiera “Uktena”.
Immagino ci sia un buon lavoro di ricerca alla base, come si sono evolute queste canzoni e come mai avete scelto proprio questi scritti da mettere in musica?

La scelta è ricaduta per volontà nostra, per ciò che desideravamo trasmettere o ciò di cui volevamo parlare, andando a riprendere ricerche che già stavamo portando avanti nel nostro percorso di vita.
Tuttavia il Destino (il Caso, il Fato, il Wyrd o come lo si desidera chiamare) ci ha fatto trovare questi testi innanzi a noi. Nel caso di Poininos, ad esempio, ci siamo trovati quelle parole, ricercando informazioni culturali rupestri della Val Brembana una volta venuti a vivere nel 2014 a Camerata Cornello (Ivan ed Eliana).
I brani sui draghi di Vishapner sono frutto di ricerca sulle leggende e miti dei draghi nel mondo.
La vera domanda è: “siamo noi ad aver cercato questi testi o sono essi giunti a noi per volontà loro o di chi li ha trascritti?”.

Qualunque sia la risposta, l’essenziale è averli catturati e rimessi in musica, per poter farli conoscere e trasmetterne l’essenza, così che la memoria non sia cancellata dal tempo.
Per Poininos o Nidhoggr ci siamo ispirati a musiche ancestrali o di stampo norreno, per cercare di infondere, a modo nostro, quello che potevano essere le atmosfere più antiche e rievocare emozioni che si pensavano perdute.

A fine inverno è arrivato “Vishapner” e mi ha colpito molto per due cose in particolare: la qualità complessiva del disco che si è alzata nonostante un rimescolamento dei membri e la scelta del concept su una delle creature più mistiche del panorama folkloristico: il drago. Come mai c’è stato una rinfrescata nella line-up e com’è ricaduta la scelta sui draghi. Insomma com’è stato partorito questo bel bamboccio di nome “Vishapner”?
Inizio col dire che Frammenti di Oscurità è stato per noi un inizio, non una fine. Molto cambia durante un viaggio: c’è chi cambia percorso, chi si ferma, chi torna indietro… Chi si unisce, chi si incontra per caso o chi si ritrova dopo tanti altri cammini percorsi (è il caso di Andy alla chitarra, col quale io, Ivan, suonavo più di vent’anni fa).
L’Universo è in continuo mutamento, nulla è stabile. Bisogna comprenderlo, spesso accettarlo, e proseguire il cammino. L’importante è non scordarsi mai di chi ha percorso quella strada assieme a noi. E qui ci scappano un sorriso e una lacrima, perché consideriamo chiunque abbiamo suonato con noi uno di famiglia.
Per ciò che concerne Vishapner è un continuo naturale di Frammento di Oscurità, il brano che chiude il primo album e che già ci porta nel secondo.
Amiamo particolarmente la figura del drago e ci è sembrato giusto omaggiarlo a modo nostro, anche per meglio farlo conoscere attraverso le mitologie nel mondo in una visione più ancestrale e mistica rispetto al classico immaginario fantasy o medievale del “drago da sconfiggere”. Tanti parallelismi fra le leggende, molte raffigurazioni simili o identiche fra antiche popolazioni che mai sono venute in contatto nella storia. Tutto ciò ci ha affascinato ed era doveroso parlarne, specialmente quando queste antiche storie narrano di argomenti senza tempo, che risuonano così attuali e che hanno ancora qualcosa da insegnarci in tempi come questi.
E poi, come disse Tolkien, non si può raccontare una bella storia se non ci si mette un drago!

”Y Ddraig Goch” è una canzone fantastica, “Wagyl” è poesia con un lavoro vocale che farebbe impallidire molti altri cantanti ben più popolari, ma io voglio porre l’attenzione sulla canzone “Ancalagon” che per ogni buon amante degli scritti di Tolkien (come il sottoscritto che soffre di tolkienismo acuto) è come una bevuta d’idromele in un’estate assolata; la storia della creatura melkoriana è stata ampliata, con il suo risveglio nella nostra epoca. Come mai questa scelta?
È bello vedere come la malattia per Tolkien colpisca e allarghi il manicomio di appassionati di cui facciamo parte e credo ormai ci abbiano assegnati alla portineria per accogliere i nuovi pazienti.
Parlando di Ancalagon, il Nero, la scelta è ricaduta su di lui per ciò che ha simboleggiato nel Silmarillion. Ne abbiamo immaginato la sua genesi, fin da spirito informe, irretito e ingannato da Morgoth, trasfigurato in quella sua forma terribile, un’arma contro i Valar.
Ma era davvero ciò che lui desiderava quando non era che un sussurro o un pensiero?
Siamo andati oltre le false promesse di Melkor e ci siamo immaginati sì la potenza terrificante del drago, ma anche il suo desiderio di vivere un mondo straordinario, fatto di bellezze incredibili e l’amore per la libertà.
La canzone è divisa in due parti, dove, la prima, narra della sua sconfitta e la sua caduta, come da trama, mentre la seconda vede il suo risveglio fra i monti nella nostra realtà.
Questa volta, però, non c’è più nessun Silmaril a poterlo fermare e la sua ira si estende sul mondo antropico, portando alla distruzione di ogni traccia umana, così che la Terra possa tornare a vivere con i suoi equilibri.
In succo non è andato contro il volere dei Valar, come se avesse compreso la malvagità di Morgoth, ma ha annientato coloro che stanno distruggendo l’opera divina, il nostro mondo.

Tra tutte le canzoni del nuovo album, di quale andate più fieri e perché.
Premettiamo che ogni singolo brano dell’album è per noi una gemma preziosa ed è difficile dire di quale andiamo più fieri, dato che ognuno di noi ha la sua personale preferenza.
Tirando le somme diremmo Y Ddraig Goch, che è sicuramente quella più ricca di significati e ha una struttura molto particolare, che divide il brano in due parti nette. Non a caso l’abbiamo scelta per il video.
(Ivan) Amo particolarmente anche Tiamat per la collaborazione con altri artisti eccezionali, che hanno reso il brano particolarmente narrativo e teatrale. Sogno di dar vita a un intero album così, con differenti voci “narranti”, ognuna col suo stile ben riconoscibile. Resterà solo un sogno?

Gli artwork del cd di “Vishapner” sono azzeccati, ben fatti e ho apprezzato anche la traslitterazione dei titoli con i simboli nativi delle relative culture. Chi è l’artefice dell’artwork e quanto sono importanti le proprie radici e quelle degli altri?
Gli artwork sono un mix di idee di Eliana e Ivan: dal bozzetto su carta (Eliana) alla digitalizzazione (Ivan). Lo stile che si desidera mantenere è quello “minimal”, quasi una trasformazione moderna delle incisioni rupestri. Il lavoro di translitterazione è basato tutto su ricerca o traduzione. All’inizio del lavoro l’idea ci elettrizzava particolarmente e ci siamo tuffati a capofitto.
Esattamente come Frammenti di Oscurità che “suona” più popolare, dialettale, alpino, così volevamo che Vishapner fosse un viaggio senza tempo fra diverse culture e allora abbiamo portato un po’ dei suoni delle lingue nel mondo, anche di epoche ormai passate.
Le radici di ognuno sono importanti dal momento che creano una diversità incredibile, un valore che unisce e non che divide. Personalmente (Ivan) mi sento figlio del mondo: a tutto appartengo, senza confini.

Tornando alla musica, si percepisce che amate suonare, come è nato l’amore per la musica e chi sono i vostri primi idoli e a chi vi siete ispirati?
Crediamo che l’amore per la musica sia un richiamo naturale dentro ognuno di noi. È espressione del divino, come ogni espressione artistica. Attraverso i sensi la realtà muta in meraviglie sempre nuove: è questa la Magia!
Tantissime le fonti di ispirazione ed è difficile tenerne il conto. A volte una canzone di un anziano, altre una filastrocca di un bambino. Altre ancora un’opera o una colonna sonora.
Tanti idoli da nominare: dai Blind Guardian agli Iron Maiden, passando per gli Iced Earth o i Savatage o gli Eluveitie. E ne ho solo nominati cinque… Ne potremmo nominare a decine, perché c’è qualcosa di ognuno di loro in ciò che facciamo. E abbiamo solo “aperto il cassetto” in ambito metal. Potremmo aprire quello classico o dei compositori di colonne sonore.
E moltissime le ispirazioni provenienti dal mondo di cui l’autore è sconosciuto.
I nostri omaggi (spesso nascosti nei brani) sono un “grazie” a tutti coloro che ci hanno fatto da fari nella notte.

Il mondo del fantasy e i Barad Guldur sono praticamente la stessa cosa, partendo già dal nome, e se pensiamo a brani in cui citate prima Smaug e poi addirittura dedicate una canzone intera a Ancalagon, possiamo dedurre quanto sia stretto il legame con gli scritti di J.R.R. Tolkien. Quanto è importante il fantasy per voi, quali letture preferite e cosa pensate del connubio Metal-Tolkien?
Per noi il fantasy è la base del nostro percorso. Ben inteso che per noi questo genere letterario non è meramente inserire qualche creatura a tema, ma il viaggio e l’avventura che questo sa far vivere.
Fantasy vuol dire leggende perdute o eventi inspiegabili, in un mix fra magia e surreale. Il fantasy è colori sgargianti o tonalità bianche e nere. È un universo dove non sei solamente una comparsa in un libro, ma il protagonista della tua vita.
Per ciò che concerne le letture spaziamo fra tanti generi, quindi non sempre il fantasy fa da protagonista. L’ispirazione spesso viene anche da altre tematiche o atmosfere (ad esempio il genere gotico/horror).

Il legame che esiste fra Tolkien e il metal (o qualsiasi altro genere musicale) è qualcosa di consolidato da tantissimi anni. Tolkien è musica!
Tantissime band lo hanno anche solo citato nel nome, altre raccontano dei suoi scritti nelle loro canzoni. Basti pensare a Nightfall in Middle Earth dei Blind Guardian, concept album sul Silmarillion, capolavoro in ambito metal, che per me (Ivan) è stato pietra miliare nel percorso musicale e nel connubio Musica-Tolkien. Consideriamo anche tutto lo splendido materiale musicale delle colonne sonore fra film e videogiochi: composizioni da brividi.
Per ciò che riguarda i Barad Guldur possiamo dire che la speranza non è limitarsi alle sole citazioni, ma rendere omaggio come merita. Non sarà facile e non accadrà a breve, ma qualche idea c’è, anche se, per ora, è solo fantasia

La scena Folk Metal italiana si sta ridestando, grazie a band come la vostra e ad altre come Dyrnwyn, Aexylium, Bloodshed Walallah e molti altri come gli intramontabili Furor Gallico, giusto per citarne alcuni. Cosa pensate del Folk Metal italiano e, perchè no, delle problematiche del Metal in Italia?
Il folk metal, come il metal in generale (o rock che sia…) è sempre in continua evoluzione, cambiamento, mutamento. C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire ed è sempre un piacere godere di nuovi orizzonti. A volte c’è chi emula le sonorità che ama di più, altre volte c’è chi sconvolge ogni regola possibile.
Ognuno fa il suo percorso, perché sente che quello è il modo giusto per esprimere la propria anima.
Di sicuro possiamo affermare che i musicisti hanno tanto da dire, da raccontare, in un modo o in un altro.
Problematiche ci sono sempre in ogni settore o ambito. Modesto parere: andare avanti, affrontare gli ostacoli nella maniera più saggia possibile e proseguire sul cammino.
Dal canto nostro siamo contentissimi di poter portare qualcosa al genere, magari nuovi ascoltatori e unirci in questo ambito, magari condividere un palco con le altre band (oltre a dar vita a collaborazioni, come avvenuto con Davide Cicalese dei Furor Gallico, Alexander Wyrd degli Arcana Opera e Jo Red dei Corte di Lunas nel brano Tiamat). Il nostro obiettivo non è la fama, ma lasciare qualcosa di nostro, così che la memoria di chi siamo stati non venga perduta.
Un grandissimo sogno sarebbe mantenere viva questa band anche quando noi non ci saremo più, come una sorta di eredità artistica. Personalmente (Ivan) è un desiderio forte che nutro nel cuore e spero non resti solamente tale.

Il futuro della musica; come lo vedete e secondo voi cosa ci aspetta?
Sinceramente non ne abbiamo la più pallida idea. L’arte in generale è un qualcosa talmente plasmabile e che si adatta nel corso del tempo che è impossibile fare una previsione accurata. Anche i più saggi non hanno le risposte.
Possiamo solo avere uno scorcio di ciò che la nostra limitata visione ci permette e questa dà sempre un buon panorama da ammirare. C’è sempre qualcosa di bello su cui posare gli occhi e questo è confortante.
Basta cercare e ognuno può davvero trovare la propria dimensione artistica.

E per quanto riguarda voi, cosa dobbiamo aspettarci dai Barad Guldur in un imminente futuro?
Tante idee che bollono in pentola, tanti sogni da voler concretizzare e il desiderio fortissimo di poter iniziare a farci sentire dal vivo.
Di sicuro presto si inizierà a lavorare sul seguito di Vishapner. Non è mica finita lì la storia! Dal canto dei pianeti ripartirà un viaggio nei meandri di qualche “Altromodo”… Per ora non sveliamo altro!
E, come dicevamo precedentemente, prima o poi un omaggio “a modo nostro” a Tolkien.
(Ivan) Sto seriamente pensando di effettuare un “upgrade” alla formazione: forse un synth, che lavorerebbe sugli effetti e sul sequencer (parti d’orchestra, ad esempio), un potenziamento fra gli strumenti folk (potrebbe esserci una novità interessante, ma, per ora, taccio) e probabilmente restare voce principale, ma, per dare più sfumature, più teatralità, iniziare a lavorare con altre voci con tecniche specifiche, così da dare più “colore” a certe parti dei brani.

Il mio omino nel cervello è elettrizzato alla sola idea! Quando mi metto in testa follie del genere…
Sono tutte cose che in registrazione si sono già, a modo loro, sentite. Quindi non andrebbe a modificare chi siamo e cosa facciamo; semplicemente darebbero più concretezza e dinamicità.

Parliamo di live. Dopo un paio di anni di clausura, stanno ritornando i festival; i Barad Guldur hanno in mente qualche data?
In previsione tre giorni in acustico alla Festa di Mezz’Estate di StrigaMarket: 10-11-12 giugno a Pisogne (BS). Ci sarà da divertirsi! Per chi ci ha già sentiti in acustico, sa che perdiamo un po’ la nostra vena da “racconti di paura” e vestiamo i panni dei bardi girovaghi. L’atmosfera cambia in quella festosa e conviviale. Anche i brani proposti saranno tratti da ballate medievali. E si berrà, si mangerà… “Peppiniello, alza quella musica! Erano anni che non mi addivertivo così!”. (cit. Aldo, Giovanni e Giacomo)
Per gli elettrici lanciamo un messaggio: adottate i Barad Guldur per farvi aprire un live!
Non osiamo ancora poter portare un live show completo, ma almeno fare da apertura, quello ci piacerebbe eccome. Sarebbero ottime occasioni per fare nuove amicizie, apprendere ciò che altri hanno da insegnare e vivere avventure straordinarie.

Siamo giunti alla fine!
È stato davvero un piacere, spero di incontrarvi presto, magari nel mio pellegrinare in Val Brembana, e vi ringrazio nuovamente per tutto!
Vi lascio queste ultime righe per salutare i lettori e per scrivere quello che volete.

Vienici a trovare presto, allora! Anzi, chi ha desiderio, faccia un salto a Cornello del Tasso, che una passeggiata nei boschi o un saluto ci fa solo piacere.
Mandiamo un abbraccio a tutti coloro che leggeranno questa intervista o chi ci ascolterà.

Grazie di cuore a chiunque intrecci il nostro cammino.
E, per concludere, il messaggio che avevamo promesso, sperando che nessuno abbia sbirciato prima:
non smettete mai di sognare!

In Alto Le Corna 🤘🤘

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